Sempre sul podio ma mai prima

In questi giorni sono successe due cose, apparentemente casuali e slegate, che mi hanno costretta a riflettere su un mio tema.

Mio marito ha vinto un concorso come primario in un ospedale (ma il Direttore Generale ha esercitato il suo diritto di stravolgere la graduatoria, assegnando il posto ad un altro medico, che per la commissione di valutazione era arrivato terzo), e mia figlia ha ricevuto la prima pagella della sua vita.

Quale e’ il legame tra questi due eventi e in che modo sono collegati ad un mio tema? E quale e’ il tema?

Partiamo dalla seconda domanda. Il tema e’ quello del mai abbastanza, di un approccio di decodifica della realtà che -pur vedendomi spesso sul podio (ma quasi mai con il numero 1) -mi ha totalmente impedito di gioire del risultato ottenuto.

E il legame tra i due eventi e con me e’ che finalmente ho avuto l’opportunità di ridare la giusta dignità al podio.

Intanto perché mi sono ben guardata dal chiedere a mia figlia come siano andate le pagelle delle sue amiche. Ma mi sono limitata a celebrare i suoi successi, che anche se non la vedono o non la vedranno vincere la medaglia d’oro parlano di grandissimi risultati di una bimba di 6 anni. E poi perché mio marito HA VINTO un concorso da primario. Poi, diverse ragioni hanno portato qualcun altro a farlo slittare in seconda posizione. Ma sempre di podio parliamo.

Mi piacerebbe tornare indietro per celebrare la me bambina per tutti i piccoli grandi risultati, per dirmi che non solo e’ abbastanza quello che ho ottenuto, ma e’ tantissimo. Mi piacerebbe recuperare tanti momenti, sprecati nel non sentirmi all’altezza.

Mi piacerebbe ricordarmi che non e’ il successo a rendere una persona felice, ma la garanzia di avercela messa tutta.

Questo e’ il senso, oggi,  del mio essere coach.

Aiutare le persone a capire che l’aspirazione all’asintoto e’ una gabbia depotenziante, e che la vera forza e’ gioire dei propri risultati.

Che siano 8 e non 10 nella pagella non e’ importante. L’importante e’ imparare a celebrare un secondo o un terzo posto, anche se nessuno ci ha insegnato che il secondo posto vale una torta o una qualsiasi altra forma di ricompensa.

La vita non e’ fatta di medaglie d’oro, ma di affetto, consapevolezza, responsabilità e fiducia verso noi stessi, e di impegno per raggiungere il massimo. Non un massimo assoluto, ma il nostro massimo.

Ecco perché ho scelto il coaching. Perché attraverso il coaching accompagno le persone a rendersi consapevoli di quelle risorse, di quei talenti che la società o la famiglia non sempre ci hanno aiutato a “vedere”. O semplicemente ad amarci e accettarci per quello che siamo.

La vita e’ molto semplice. Per essere felici non ci vuole tanto. Per essere felici non ci vuole quasi niente. Niente, comunque, che non sia già dentro di noi. (C. De Gregorio)

La vita e’ ciò che facciamo di essa. I viaggi sono i viaggiatori. Cio’ che vediamo non e’ ciò che vediamo, ma ciò che siamo. (F. Pessoa)

 

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