Sawubona: “Ti vedo e ti porto nell’essere”

Il respiro corto, l’ansia che sale, la notte che non porta ristoro.

Le lunghe ore da riempire, con l’occhio vigile sul non sprecare nemmeno un minuto, le emozioni che si mescolano e si confondono, passando dalla disperazione alla gratitudine per essere tra i fortunati che hanno solo il problema di come far scorrere le ore.

Le ambulanze, costanti, continue, invadenti, a ricordare  il nostro trauma collettivo.

Un nodo in gola, una unica lacrima amara che scende, improvvisa.

Il passato che ritorna quando abbassi la guardia, carico di profumi, di particolari, di conversazioni che pensavi di aver dimenticato.

I libri, fedeli sprazzi di sana evasione.

La musica, alta, alla ricerca di serenita’.

I progetti per il futuro, che nutrono la speranza di quello che potra’ essere.

Gli amici, che ti commuovono con un pensiero che si prende cura delle tue fragilita’.

Tuo figlio, che dall’altra stanza ti registra un vocale, dicendoti che sei il suo Cuore.

Un angelo custodito nella parte piu’ profonda di te, che ti da’ coraggio e fiducia.

Il trauma, che ti ricorda che c’e’ sempre un Prima ed un Dopo. E che -come tutto cio’ che e’ imprevedibile- ti lascia all’inizio inerme. Ma poi ti insegna a metterti nuove lenti, ad assumerti la responsabilita’ di imparare dal dolore, a cambiare quanto hai passivamente applicato per anni, ma che non fa piu’ parte di te.

I fiori, che nonostante tutto continuano a sbocciare.

Sawbona, dicono le popolazioni Zulu del Sudafrica per salutarsi.

Sawubona, in questa giornata uguale alle altre, ma in cui le nostre fragilita’ richiedono  cura, in cui abbiamo piu’ bisogno di prenderci cura, di noi stessi e degli altri.

Sawubona, ti vedo e ti porto nell’essere.

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